Rispetto alle possibilità di salvezza racchiuse nella religiosità popolare, lo studio fu completato e approfondito da Albert Verwilghen con la trattazione « La religione popolare nei recenti documenti del magistero ecclesiastico ».
Rispetto alle possibilità di salvezza racchiuse nella religiosità popolare, lo studio fu completato e approfondito da Albert Verwilghen con la trattazione « La religione popolare nei recenti documenti del magistero ecclesiastico ».
I dati forniti stagliano facilmente i sintomi di una vasta crisi che ha finito per incidere sulla fisionomia stessa di una civiltà precedentemente scandita dai ritmi tradizionali di lavoro e di tempo lasciato libero dal lavoro stesso: la relazione di Guido Gatti, studioso e docente di teologia morale, presenta i nodi più significativi, dal punto di vista filosofico e teologico, per elaborare una adeguata riflessione su questa realtà che si designa già come nuova civiltà del lavoro e del tempo libero.
Una conclusione generale si è imposta: questi cristiani, riuniti in nome della loro fede e in qualità di figli di Don Bosco, ritennero di poter con ragione riflettere su un problema sociale e culturale.
Francesco Missaglia si è sforzato di mostrare che la giustizia sociale è oggi al servizio della persona: « La persona umana è quindi il fine inviolabile, non riducibile mai a mezzo. Tutto il resto, realtà naturale e collettive, politiche e sociali, società e Stato sono mezzi e valori strumentali a questo fine: lo sviluppo della persona umana.
Il settimo colloquio internazionale sulla vita salesiana, presieduto questa volta da Don Raffaello Farina si è svolto a Jünkerath, presso Colonia, in Germania, dal 24 al 28 agosto 1975. Ha visto radunate una quarantina di persone appartenenti ai diversi gruppi che oggi passano sotto il titolo di « Famiglia salesiana ».
La comunicazione di Don Antonio Calero ha risposto all’interrogativo contenuto nel titolo stesso: « La vocazione del salesiano cooperatore implica delle esigenze particolari? ».
Una comunicazione di Don Gustave Leclerc ha offerto un punto di vista canonico circa l ’Unione dei Cooperatori nella Chiesa post-conciliare. Ha indicato dove collocare nello jus condendum detta associazione di fedeli avente caratteri peculiari impressile dal suo fondatore.
Un esposto documentato di Maria Pia Onofri, giovane cooperatrice romana, ha presentato « i Giovani Cooperatori d’Italia e le loro prospettive ».
In diversi cerchi si pensa volentieri che il cooperatore è definito dalla missione, alla quale corrisponde una « vocazione ». Alcuni aspetti del quadro in cui essa viene svolta, sono stati sottolineati dalla comunicazione tenuta da suor Enrica Rosanna.
Don Georg Söll ha evidenziato le caratteristiche dell’« attività cristiana nel mondo di oggi ». La sua comunicazione ha avuto il grande merito di delimitare le sfere dell’azione del cooperatore: l’area propriamente religiosa, l’area educativa, l’area politico-culturale, e quello di esprimere in frasi concise e in termini adatti alcune modalità con cui può essere attuata.
Don Giovanni Raineri ha soprattutto analizzato l’evoluzione delle idee dei principali responsabili salesiani sulla stessa questione, nel corso di questo secolo.
Don Maurice Quartier, ispettore del Belgio di lingua fiamminga, ha manifestato — tramite Don Lucien Desmet, membro della medesima ispettoria — le proprie idee circa le forme che assume l’obbedienza religiosa nella comunità locale dopo il Vaticano II e il recente capitolo generale.
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