Nel noto romanzo di Gilbert Cesbron «Cani perduti senza collare», l’avvocato Darrier, il protettore della gioventù abbandonata, dice: «Bisogna che il Tribunale sappia bene che i ragazzi non vivono soltanto di nutrimento e di aria buona; e — per sgradito che ciò possa sembrare — le durezze d’una madre mancano loro più delle tenerezze di un’assistente. Bisogna che il Tribunale sappia che i ragazzi muoiono d’amore. Ora, vi chiedo di rendere questo alla sua famiglia. Un fatto nuovo? Eccolo, signor Procuratore: si è trovato per i Forgeot un alloggio decente; Marco e suo fratello, ormai avranno la loro camera…
Quando si taglia il ramo di un albero, esso deperisce e l’albero soffre. Non è il ragazzo che bisognerebbe giudicare, ma i genitori! E non sono i genitori che bisogna condannare, ma il tugurio, il bistrò, la disoccupazione!… Si potrebbe arginare, riordinare, ridurre il fiume al suo imbocco: ma noi rimaniamo impotenti a dominare le sorgenti… Fino a quando dovremo edificare degli Internati di Rieducazione, invece di fabbricare delle abitazioni umane? Aprire asili e prigioni, invece di chiudere degli spacci di alcoolici? Giudicare i ragazzi invece di salvare i padri? Fino a quando?».
Periodo di riferimento: 1951 – 1958
P. Braido, Dei doveri e dei diritti degli educatori: la famiglia, in «Orientamenti pedagogici», 5 (1958), 763-770.
Istituzione di riferimento:
Facoltà di Scienze dell’Educazione UPS