Dopo la Prima Guerra Mondiale, Papa Benedetto XV affidò al Cardinale Mercier il compito di valutare lo spirito di carità nel mondo. Concluso il suo viaggio a Torino nel 1920, il Cardinale definì la città “capitale del mondo per la Carità”, ispirato anche dall’opera di santi come Don Bosco. Da questa eredità spirituale nasce il volume di Don Natale Cerrato, salesiano e missionario per 27 anni in Cina, poi docente di spiritualità salesiana.
Il libro approfondisce l’uso della lingua piemontese da parte di Don Bosco come strumento pastorale e missionario, espressione autentica del suo cuore e mezzo per farsi comprendere dal popolo. Cerrato, con precisione filologica e profondo affetto, ricostruisce l’immagine viva del Santo attraverso documenti, manoscritti e testi rari, restituendone un ritratto umano, affettuoso e incisivo. L’opera rivela un Don Bosco comunicatore instancabile, che seppe usare la lingua del cuore per evangelizzare e formare generazioni, contribuendo così a fare di Torino un simbolo universale di carità.
INDICE
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Prefazione di Gaetano G. di Sales
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Abbreviazioni
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Alcuni cenni di grafia piemontese moderna utili per la lettura
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Introduzione
- Capitolo Primo – Il dialetto nella vita di Don Bosco
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Nome, cognome e soprannome
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Il dialetto all’Oratorio
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Padre e Maestro
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Santo della gioia
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Uomo di Dio, amico delle anime
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- Capitolo Secondo – Frammenti di un Epistolario
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Parole prettamente piemontesi
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Parole piemontesi italianizzate
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Parole italiane con significato piemontese
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- Capitolo Terzo – Gianduia a Valdocco
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Prima comparsa di Gianduia all’Oratorio di Valdocco
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Gianduia alle passeggiate autunnali
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Gianduia nello spettacolo di Valdocco
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Il Carnevale di Torino
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Gianduia nella conversazione di Don Bosco
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- Capitolo Quarto – Le «Cansón» su «Il Galantuomo»
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Meist Michel òl sarajé
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El vissi dël gieugh
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Meist Toma ël pastis
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Periodo di riferimento: 1982
N. Cerrato, “Car ij mè fieuj“, LAS, Roma 1982.