C’era una volta una tradizione salesiana, soprannominata “la Buona notte”. Esisteva in tutte le case salesiane e anche negli Oratori Festivi. Era un incontro serale, al termine della giornata, un incontro familiare tra il padre e i figli, ed era uno strumento pedagogico efficacissimo, anche se da taluni era un po’ misconosciuto. Oggi per molti motivi è andato un po’ in disuso, ma se ne risente la mancanza, perché si percepiscono o si comincia a percepire i vuoti che ha lasciato dietro di sé. Qui vengono raccolte le “Buone notti” scritte da don Francesia tra 1911-12 e 1925-26. Sono un esempio di quello stile popolare e familiare, che lui aveva appreso da don Bosco; sono un’integrazione delle “Memorie Biografiche” scritte dal Lemoyne, perché si può dire che egli coglie ogni occasione per raccontare avvenimenti e fatti dell’Oratorio e di don Bosco, con particolari inediti, perché visti da lui, con quei suoi occhi. Don Francesia rimase sempre un fanciullo. Un fanciullo semplice, buono, ipersensibile, ma contemporaneamente intelligente, aperto, delicato; un essere tutto cuore, dolce, con una tinta di ingenuità e di timidezza, e nello stesso tempo un lavoratore infaticabile, un apostolo ardente, un educatore nato, uno scrittore fecondo. Il mondo dell’Oratorio egli lo vede coi suoi occhi, e anche quando lo descrive nella sua forma ideale, forse sotto certi aspetti lo ritrae con più oggettività di quel che si pensi, perché lo vede e lo descrive come lo vedevano i giovani di allora.
Periodo di riferimento: 1911 – 1926
G. B. Francesia, Buone notti autografe di Don G. B. Francesia, a cura di Eugenio Valentini, Pontificio Ateneo Salesiano, Roma 1977.
Istituzione di riferimento:
Università Pontificia Salesiana (UPS)